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Rai: sciopero dei mister giornalisti, ricchi, inutili e capricciosi

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Un esercito di super pagati, carichi di narcisismo e autoreferenzialità, sostenuti dal nostro canone

(di Frank Sirti) Pensate, scioperano perché offesi nella loro dignità: non sopportano un benché minimo taglio alle loro spese di mantenimento (con i nostri soldi) e rivendicano la riforma della Rai. Quello più sensibile alla lesa maestà sembra essere l’irreprensibile “cane da guardia del potere”, Giovanni Floris, mister 500 mila euro all’anno secondo i dati riportati da Libero.it il 9 marzo 2012. Non sappiamo cosa ne pensano di questo sciopero Fabio Fazio (mister due milioni di euro secondo Libero) e i 13.248 dipendenti (nel 2011 erano 10.196) che sembra guadagnino mediamente 89.000 euro contro i 59.000 di Sky. Il giornalista Rai guadagna mediamente 147 mila euro annui.

Mediaset lavora con solo 4.735 dipendenti di cui 368 giornalisti e 367 dirigenti contro i 1.771 giornalisti della Rai e i 600 dirigenti che la popolano. Questi signori lavorano in una azienda pubblica, la Rai, che nel 2012 ha perso solo 244 milioni di euro e accumulato una posizione debitoria, nel 2012, di 366 milioni di euro (93 milioni in più rispetto al 2011).

Mediaset, nel 2013, senza canone, si è caricata di un debito di 1.712 milioni di euro riducendolo però di ben 253 in un solo anno (2012). Ma guardiamoli più da vicino questi giornalisti Rai che non sono figli della lottizzazione, che non hanno appartenenza a correnti politiche, che non sono mai stati aiutati da nessuno, che sono pervenuti alle loro posizioni puntando esclusivamente sul merito e facendo leva sui principi deontologici della categoria cui appartengono: rispetto della dignità della persona, della verità dei fatti, del pluralismo e dell’autonomia professionale. Una vera squadra di campioni dell’obiettività, umili e corretti, spogliati di ogni forma di narcisismo e di autoreferenzialità. Insomma veri paladini della libertà di espressione, difensori della civiltà, della cultura, sostenitori dell’imparzialità e della democrazia.

Forse per questo guadagnano così tanto e si prodigano con una determinazione inusitata a richiedere la riforma della loro azienda, cioè la nostra, con lo slogan condiviso non si sa da chi: giù le mani dalla Rai. Forse si tratta di un caso unico di megalomania professionale. Magari saranno anche convinti di poter essere determinanti dei successi o degli insuccessi di chiunque. E’ difficile riscontrare un atteggiamento simile in altre categorie. Forse solo i tassisti li superano, ma non guadagnano le loro cifre altrimenti avrebbero esposto sulle loro auto segni visibili di un appagamento superiore. E pensare che in Italia ci sono ben 3.250.000 liberi professionisti, ma, sino ad ora, il fenomeno del giornalismo Rai non era mai esploso come in questi ultimi anni. Santoro sdoganò Berlusconi alla 7 suscitando non poche polemiche. Qualcuno insinuò che tutto fosse stato predisposto inseguendo l’audience da record per essere immortalati e, magari, migliorare il “magro” cachet di cui gode il fustigatore dei costumi. Corrado Formigli non ha disdegnato l’incalzante senso del fiuto giornalistico e dell’irreprensibilità di fronte alle presunte frodi politiche del Renzi premier, per non parlare dell’ormai entusiasmante Paragone che apre la sua gabbia alla verità e non la perdona a nessuno.

Ma il vero dominatore della fustigazione è lui: Giovanni Floris, detto Giò dal suo sferzante e inappuntabile spalleggiatore Maurizio Crozza. Un giornalista e un comico che hanno scoperto, a suon di euro, che bisogna stanare l’interlocutore, incalzarlo, metterlo a nudo, scoprirgli i fianchi  e andare all’attacco del cinghialotto fiorentino che ha avuto l’arroganza di voler cambiare questo Paese e con esso anche la Rai, voragine di inutilità, che non riesce più a fermarsi e che ha scambiato la sacrosanta critica politica o la satira con la carica inquisitoria da pubblico ministero di fronte a un pubblico che s’immagina che lo osanni.

Testatevi anche voi per favore cari giornalisti! Soprattutto Rai. Fatevi giudicare dal pubblico. Non temete  sorprese perché siete maestri potenti e caparbi nell’aiutarci a costruire una nostra opinione sui fatti con il massimo di obiettività, senza forzare mai, facilitando la comprensione di ogni cosa, immergendovi, con “incredibile sapienza”, nelle vesti di economisti, giuristi, costituzionalisti, politologi, sociologi, filosofi e umanisti, con l’ausilio pertinente dei sondaggisti che proprio questa’anno le avrebbero azzeccate tutte se non fosse stato per quel maledetto vizietto del popolo italiano a fornire risposte sbagliate, per trarre in inganno anche voi infallibili fustigatori, ineffabili e ineguagliabili uomini (soprattutto) d’indagine e di previsione.

Fate questa verifica tra gli spettatori che ne hanno fin sopra i capelli degli stessi riti, delle stesse battute, dell’estenuante quanto noiosa ripetizione di tabelle e numeri che dicono tutto e niente, come tutto e niente apparite voi  agli occhi di tanti spettatori. Provate davvero a farvi testare. Magari senza sondaggi, per evitare che si possa “influenzare” ciò che vorremmo dirvi in tanti. Rimettetevi con la suola delle scarpe sul pavimento, abbassate il vostro baricentro narcisistico che, veramente,  ci sembra leggermente sovradimensionato. Forse potreste andare alla ricerca di ciò che si potrebbe fare per essere utili ai milioni di giovani che un lavoro non ce l’hanno o a quelle persone che si privano anche dell’essenziale e che a voi giornalisti Rai sappiamo non mancare.

Chiudiamo con qualche dato ancora per non mancare di rispetto a chi utilizza il canone o si pavoneggia con la pubblicità che riesce a procurarsi con la ruota delle proprie piume. C’è chi ha dimenticato del tutto che la professione che esercita è rivolta a favorire e accompagnare un processo di civiltà e di democrazia e che un giornalista è un responsabile mediatore culturale non un grillo parlante appollaiato sui trespoli degli studi dorati della Rai, che tarda a privatizzarsi e a rimettervi sul mercato della professione, senza scudi che riparino dal vento gelido del merito. Intanto rammentate continuamente che, al momento, la Rai è nostra, dei cittadini!.

La Rai ha 43.000 collaboratori, compra un quarto delle produzioni all’esterno, introita 1.747 milioni di euro di canone televisivo, 745 di pubblicità e 268 di altre entrate; gode di 500 dirigenti; “dei 300 dirigenti Rai, tre ricevono più di 500mila euro, uno tra i 400 e i 500mila e quattro tra i 300 e i 400mila; solo uno dei 322 giornalisti dirigenti, invece, guadagna più di 500mila euro; in compenso sei colleghi ricevono una busta paga da 300 a 500mila; una ventina da 200 a 300mila; quasi trecento tra i 100 e i 200mila euro”. In Sky i dirigenti guadagnano da 150 mila a 350 mila euro. In Rai ci sono 931 programmatori – registi; Rai news ha una pattuglia di 95 giornalisti; gli addetti ai servizi generali sono 397 e 28 gli addetti al consiglio di amministrazione cui si aggiungono 49 addetti alla direzione generale; Rai Way gode soltanto di 648 dipendenti mentre 252 sono riservati alle risorse umane dove stazionano ben 21 alti dirigenti (ufficio di collocamento?); ci sono 11 testate munite di una flotta di 54 vicedirettori, cinque per ogni testata; 679 sono gli addetti alle riprese pesanti e 476 coloro che rivestono la funzione di assistenti di programma. Chiudiamo in breve con altri pochi dati altrimenti dovremmo scrivere per giorni interi:  Tg1 ha 141 giornalisti, Tg2 ne ha 123 e 98 Tg3, mentre Tgr ha solamente 657 redattori. Non vorrei farvi mancare però lo stipendio di Minzolini che era 550 mila euro, che sembrerebbe superiore di 50 mila euro a quello del direttore generale.

 

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Mauro Carabelli

Giornalista

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