0

EMILIA ROMAGNA. E ADESSO?

Illustrazione da positanonews.it

(illustrazione da positanonews.it)

(di Mauro Carabelli) La spallata di Salvini al Governo è sfumata. Ora, con il senno di poi, al “Capitano” si sta rimproverando di tutto: eccessiva personalizzazione dello scontro, candidato debole, uso improprio dei citofoni, sottovalutazione delle Sardine, macchina elettorale ripetitiva e ormai obsoleta, look non competitivo. Può esserlo in una società liquida come la nostra. Può esserlo soprattutto in una regione tosta e ben amministrata come l’Emilia Romagna. Se Salvini avesse giocato la partita diversamente non è detto che avrebbe comunque vinto, perché la variabile impossibile da prevedere fino a qualche minuto prima del voto è stato il comportamento di quegli elettori che da diversi mesi ad oggi non si sono più sentiti rappresentati dall’inutilità pentastellata tanto da mimetizzarsi tra le Sardine e ritrovarsi filogovernativi. E Bonaccini è stato bravo ad intercettarli. Conti alla mano, il neo presidente dell’ER ha preso quasi il 3,5% in più di voti personali rispetto alla sua coalizione che, a sua volta, ha messo in cascina super percentuali grazie ai pentiti dell’antico grillismo antisistema. Ma se la cannibalizzazione dei grillini ha consentito a Bonaccini di vincere con otto punti di vantaggio sulla Borgonzoni, il problema si pone ora al PD nazionale che dovrà convivere con il Movimento che da vari mesi a questa parte ha perso talmente tanto da non poter ridurre il suo ridimensionamento a fattori puramente locali. Transeat nella perdita di comuni. Ma quando si viene praticamente cancellati nelle regionali c’è poco da far distinguo tra i consensi guadagnati nelle politiche del 2018 e quelli persi consecutivamente in tre regioni negli ultimi mesi, e senza contare la débacle europea, i transfughi nelle due Camere, l’emblematica espulsione di Paragone e il bye bye di Di Maio. Tuttavia, con un partner così indebolito, non significa che il Governo andrà in crisi domani. Non tanto perché Mattarella non lo permetterebbe mai. Ma ci sono un referendum a marzo; un proporzionale da imporre, malgrado un bipolarismo di fatto avrebbe suggerito un maggioritario; la proposta di uno ius soli o di uno ius culturae da far digerire; c’è la prova del nove con le regionali primaverili; soprattutto ci sono poco più di cinquecento poltrone di sottogoverno da spartire. Già, ma con questi risultati, i pentastellati cercheranno di far pesare, come se nulla fosse, gli stessi rapporti di forza del 2018? E, soprattutto, il PD fino a che punto sarà disposto ad ingoiare di tutto: dalla prescrizione agli impeti manettari conditi con l’irriducibile dilettantismo dei suoi alleati? E, ovviamente, non va sottovalutata l’imprevedibilità dell’altro Matteo.

Share Button

Mauro Carabelli

Giornalista

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *