0

Eurobond. Servono quattrini, tanti e subito.

EB

(di Mauro Carabelli)Tanto per chiarire le mie perplessità. È vero che la Lega non ha mai sbandierato il suo attaccamento agli Eurobond. Però è altrettanto vero che, in contrapposizione al MES, non ne ha mai parlato malissimo. Ecco perché mi è sembrato un comportamento per molti versi inspiegabile il suo rifiuto degli Eurobond, visto che più volte ci si è lamentati dell’immobilità delle istituzioni europee di fronte al dramma economico e finanziario (oltre che sanitario) che il nostro Paese sta vivendo.

In tempi non sospetti, cioè quando l’emergenza economica non era da cardiopalma per via del Covid-19, Massimo Garavaglia, in una intervista, affermò che “teoricamente” avrebbe potuto esserci una via d’uscita al ricorso e alle relative condizioni cravattare del fondo monetario salva stati. “Facciamo parallelamente gli Eurobond, come sostiene l’economista Alberto Quadro Curzio. Se si vuole fare la riforma del Mes allora dobbiamo fare anche gli Eurobond, per avere un debito europeo più garantito. Se io devo aiutare qualcuno col Mes allora voglio in cambio un debito formato europeo, con gli Eurobond, così siamo 1 a 1. Io ti aiuto sulle banche e tu mi aiuti sul debito, in sintesi.” Credo, ma potrei sbagliarmi, che anche Giorgetti fosse più o meno sintonizzato su una prospettiva di questo tipo.

Infatti, gli eurobond possono essere definiti come titoli di Stato comunitari con l’obiettivo di raccogliere la liquidità (i soldi) e darla ai Paesi più in difficoltà che, come l’Italia, necessitano, soprattutto in questo momento, di potenziare le strutture ospedaliere e finanziare le misure di sostegno a famiglie, lavoratori e imprese. E’ vero che gli eurobond sono dei titoli di debito (titoli emessi da un debitore che ha bisogno di soldi e che vengono acquistati da investitori, ovvero i creditori). Tuttavia, prevedono il principio della “mutualizzazione”. Cioè tutti gli Stati membri dell’UE diventano responsabili del debito in maniera congiunta. In poche parole, se uno Stato non dovesse riuscire a ripagare il suo debito – contratto tramite l’emissione di eurobond – non andrebbe a picco, in quanto in soccorso ci sono gli altri membri dell’UE a pagare. Questi possono essere garantiti dalla Banca Europea degli Investimenti (BEI) o da altro istituto di credito purché non sia la Banca Centrale Europea (BCE).

Non a caso lo scontro principe tra i paesi “rigoristi” come Germania e Olanda da una parte e paesi in cronica difficoltà come il nostro risiede proprio nella “mutualizzazione” ovvero la condivisione dei relativi oneri del debito tra più soggetti laddove paesi come l’Italia potrebbero rivendicare una liquidità particolarmente esosa. Al di là di questo rischio, di cui non si è ancora stabilito un preciso argine né tanto meno precise condizioni capestro di ritorno, non si intravvede il pericolo di cessione di parti di sovranità così come paventate dagli interventi di Bagnai, Borghi ed altri esponenti di spicco della Lega. Timori da tenere in considerazione, ma in una partita ancora tutta da giocare e nella quale sarebbe precipitoso uccidere il bambino nella culla.

Infatti, il leitmotiv a sostegno dei timori è quello sintetizzato da Antonio Maria Rinaldi: «Ovvio!!! – scrive su Twitter – Gli Eurobond previsti dai Verdi sono con condizionalità! Nessuno fa nulla per nulla, è la solita logica dell’Unione Europea!!». Tuttavia, sono andato a rileggermi la proposta dei Verdi e, francamente, non ho riscontrato alcun accenno a una condizionalità capestro: “…ritiene che gli investimenti necessari potrebbero essere finanziati attraverso un QFP (quadro finanziario pluriennale) ampliato, i fondi e gli strumenti finanziari della UE esistenti e obbligazioni a sostegno della ripresa garantite dal bilancio dell’UE; ritiene essenziale, al fine di preservare la coesione dell’Unione europea e l’integrità della sua unione monetaria, che una quota essenziale del debito, che sarà emesso per contrastare le conseguenze della crisi della COVID-19, sia mutualizzato a livello dell’UE; ritiene che tale pacchetto non dovrebbe comportare la mutualizzazione del debito esistente e dovrebbe essere orientata a investimenti futuri…”.

L’opzione Recovery Fund non aggiunge né toglie nulla di più in quanto potrebbe emettere strumenti comuni di matrice simile a quella degli Eurobond. Semmai, l’irrigidimento dell’Olanda, capofila dei falchi, contro il suo sviluppo è un punto a favore della sua relativa convenienza, rispetto al Mes, per i Paesi dell’Europa mediterranea. Il punto sta però ovviamente nelle finalità che il Recovery Fund si prefiggerà. Se emetterà bond da un lato e prestiti agli Stati convenienti per i riceventi dall’altro, sarà un conto. Se invece chiedesse contributi per coprire il costo degli Eurobond e il loro futuro rimborso, i rischi di “memorandum” e condizionalità di vario tipo aumenterebbero.

Concludo dubitando che qualsiasi emissione di liquidità non sarebbe mai a fondo perduto. Avrebbe sempre e comunque dei debitori e dei creditori. Non penso che ciò debba essere ricondotto a particolari egoismi di uno o più stati o della filosofia di un’acciaccata UE. E’ una questione di correttezza istituzionale. Il punto, nel caso in cui è giustamente necessario salvaguardare il principio della solidarietà, è semmai come diluire il debito. Non eluderlo. Ed è uno scotto da considerare se si vuole rimanere nella logica della moneta unica pur cambiando, come giustamente sostiene la Lega, alcune regole UE. Non credo possano esserci altre vie d’uscita salvo quella di mantenere in corsa mimetizzata l’Italexit. Sulla quale si può discutere e convenire. Allora qualsiasi proposta in gioco soffrirebbe di questa sorta di desiderio occulto o di peccato originale, tanto da doversi aprioristicamente rigettare. Ma ora servono quattrini, tanti e subito. Visti i vigenti rapporti di forza, qual è dunque la strategia vincente?

Share Button

Mauro Carabelli

Giornalista

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *