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Danza macabra

danza

(Immagine progettoprometeo.it)

(Di Mauro Carabelli) Cercare il senso della vita è un’impresa che ha mobilitato le menti migliori della storia dell’umanità. La filosofia d’ogni tempo affonda le proprie radici in questa ricerca di un significato che si infrange come in una danza macabra  contro il ciclopico muro della finitudine del nostro essere. Cogliere il senso significa invece sciogliere la nostra esperienza e i nostri dubbi nell’eternità oltre ogni concettualizzazione e limite teoretico.  Ma come? Eraclito diceva: “Non dare ascolto a me, ma al logos”.  Ma quale, visto che il pericolo del nostro vivere continua a scontrarsi con la sofferenza e la morte? Dunque, perché affannarsi a vivere quando l’esito è scontato? Forse perché non possiamo fare altro che esistere, possibilmente dando il meglio di noi stessi, perché sullo sfondo di ogni nostro profondo ragionamento persiste la spinta in virtù di una sorta di “atto di fede”, laico o fideistico non importa, che ci invita a dispiegare le vele e  a salpare non importa verso quale meta finale. E’ un po’ l’antico senso greco dell’esistenza che si affaccia arricchendo la nostra tradizione culturale: non importa dove con la morte approderemo ma come avremo navigato l’immenso mare dell’essere. Poi leggo di un uomo che, incapace di sostenere la separazione dalla moglie, uccide, strangolandoli, i due figli dodicenni e poi si suicida. Possiamo pensarlo in tanti modi diversi, più o meno razionali, il senso della vita e della morte. Ma se l’unica certezza che abbiamo è quella di essere qui perché sprecarla ed annientarla in questo modo? Essa andrebbe comunque  onorata, vivendoci  con tutte le nostre forze e i nostri progetti. Soprattutto aiutando i nostri figli e nipoti ad esserci, in forza di quell’atto di fede che ci sprona a non desistere, malgrado tutto. Che la terra promessa  consista e si riveli attraverso la modalità con cui la si cerca?  Ma poi mi freno quando constato che la mente umana possa abbruttirsi fino a questi livelli, anticipando innaturalmente non solo la propria fine ma anche quella di due ragazzini estranei alle nostre inquietudini. Sono affranto probabilmente perché l’episodio si è verificato in provincia di Lecco quasi che i protagonisti fossero nostri dirimpettai o parenti stretti. E poi, al netto delle epidemie e degli incidenti stradali o sul lavoro, ci sono le guerre, le rivoluzioni e le persecuzioni più o meno lontane e vicine, sempre  consapevolmente promosse dalla mente umana, che hanno lasciato sul campo intere generazioni, milioni di morti. Allora l’unico senso che riesco a percepire è se siamo degni di essere ospitati e di poter navigare  in questo pianeta o in qualsiasi altro angolo dell’universo.

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Mauro Carabelli

Giornalista

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