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Guerra e diplomazia

 

urlo

(Mauro Carabelli) Un brillante Zelensky infiamma in video-collegamento il congresso americano con la sua drammatica quanto rispettabilissima, ci mancherebbe, versione dei fatti, per strappare a Biden, restio ad uno scontro bellico diretto con i russi, la concessione di una pericolosissima no fly zone sull’Ucraina, omettendo però tutte le ragioni che hanno determinato l’escalation bellico con la brutale invasione dell’Ucraina da parte di Putin.  Ragioni, occorre ribadire, che costituiscono l’unico paradigma possibile dentro il quale ricercare la soluzione al conflitto. Il presidente dell’Ucraina si rivolge insistentemente anche all’Europa per ottenere più armi perchè quelle che ora gli vengono rifilate durano, in una settima, solo venti ore. Putin, nel frattempo, non smette di bombardare e se la prende pure con la leadership della UE che ha ignorato “l’azione disumana dell’esercito ucraino” che ha lanciato missili nel centro di Donetsk. Insomma, per il presidente russo, i negoziati che rimuovono queste provocazioni  sono poco seri ed incisivi. A fronte di ciò, risaltano le ondivaghe affermazioni del presidente ucraino che solo ieri affermava di riconoscere l’impossibilità per l’Ucraina di entrare nella Nato. “Ci avesse pensato prima” è stata la reazione del premier cinese Xi.

Tuttavia i negoziati ci sono.  E si stanno allargando su più tavoli. Bisognerebbe ricordarlo a tanti commentatori, intellettuali, politici e buona parte dei media europei, in particolare di casa nostra, che continuano ad intonare la cabaletta rigolettiana della vendetta. Una presa di posizione che finisce per trasformarsi in mera propaganda più realista del re  quando sarebbe meglio raffreddare la tensione bellica per fermare l’espansione del terreno di scontro e sostenere i negoziati. C’è pure un quotidiano che si spinge a propinarci in prima pagina un titolone da richiamo alle armi: “L’Italia chiamò”, sulla base di un rapporto militare più di routine che di autentico allarme.

Non c’è dubbio che, a livello negoziale così come a livello di percezione della crisi, ci siano resistenze d’ambo le parti.  Ma un conto è insistere nel rappresentarle come riflesso di posizioni immodificabili, un conto è sfumarle come esibizione muscolare che accompagna tutti i negoziati.

Infatti, malgrado lo spasmodico assediamento della capitale ucraina, le delegazioni di Mosca e Kiev stanno lavorando ad una bozza di piano di pace in 15 punti. Sembra stia ritornando il dialogo tra Stati Uniti e Russia attraverso il contatto telefonico tra il consigliere della Casa Bianca per la sicurezza nazionale, Jake Sullivan, e il segretario del Consiglio di Sicurezza russo, Nikolay Patrushev. Ed anche le chiese occidentali e orientali si stanno incontrando per favorire il processo negoziale.

La traccia su cui si stanno sviluppando i negoziati è finalmente incentrata sulle problematiche che si sono avviluppate in questi ultimi otto anni e riguardano le ambizioni ucraine di aderire alla Nato e lo status dei territori del Donbass e della Crimea rivendicato dai Russi. Un’eventuale apertura  e soluzione di questi punti dovrebbe prevedere il ritiro immediato dell’esercito russo dai territori occupati.

Non è possibile ancora stabilire se la strada verso una risoluzione immediata della crisi sia in discesa o in salita. Ma un cauto ottimismo potrebbe gradualmente  sostituirsi al paralizzante pessimismo di questi giorni. Certo è che se Europa e USA non si fossero a suo tempo voltate dall’altra parte per strategia o superficialità, sanzionando unilateralmente e a ogni piè sospinto la Russia, noi oggi  non conteremmo  i morti per le strade dell’Ucraina e i milioni di sfollati in tutta Europa.

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Mauro Carabelli

Giornalista

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