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Uochi Toki, se l’arte parlasse e facesse rumore

Musica alternativa o arte innovativa, riflessione riversata in un caso all’italiana

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(Alessandro Di Toro) Gli Uochi Toki sono un duo italiano composto da Matteo Palma e Riccardo Gamondi in arte “Napo e Rico”, rispettivamente voce e composizione elettronica.

I due, dal duemilacinque ad oggi, hanno aguzzato l’ingegno e la creatività, dando vita a ben otto dischi che hanno fatto breccia nell’immaginario di un determinato substrato sociale.

Ma cosa fanno esattamente gli Uochi Toki?

Spiegare nel dettaglio quel che veramente siano in grado di creare, è un’impresa difficile.

Per non parlare delle loro esibizioni dal vivo, nelle quali da qualche tempo hanno cominciato a proporre un affascinante spettacolo interattivo basato su campionamenti sonori e disegno su lavagna digitale.

Le definizioni da manuale in ogni caso non mancano, e all’interno del panorama musicale contemporaneo, vengono spesso catalogati nei generi  “noise” e “rap”. Questo non è piaciuto a parecchi ascoltatori, fans ed acculturati dei settori che hanno avuto più volte da ridire al riguardo.

Se questo malcontento potesse essere incanalato e sfruttato al meglio, si potrebbe pensare di adagiare gli Uochi Toki direttamente sul più vasto piano artistico generale. In questo caso, verrebbe però da chiedersi se l’arte nel duemilatredici esista ancora.

La risposta è sicuramente di difficile formulazione.

Anche se il termine continua a far parte del linguaggio comune, i massimi esperti del settore definiscono estinte le correnti artistiche a causa  dei movimenti futuristi del novecento.

Sta di fatto che le loro composizioni sono vere e proprie “architetture sonore”. Queste costruzioni poggiano le fondamenta sulle strumentali sincopate e strascicanti di Rico. L’edificazione è assegnata invece ai monologhi di Napo che, tra evoluzioni linguistiche e citazioni di spessore, spazia su temi quali la sociologia, la psicologia, la comunicazione, lo sfaldamento dei luoghi comuni e l’esasperazione fantasiosa. Insomma, tutto il necessario atto a portare “l’adatto ascoltatore” al giusto stadio di confusione e curiosità. Altro grande particolare che li contraddistingue sta nei titoli delle tracce: sostituiti talvolta da disegni, talvolta da periodi di un’unica frase, altre volte addirittura assenti.        

L’invito ad ascoltarli sembra quindi obbligatorio.  

Ma prestate attenzione. Come più volte gli stessi Uochi Toki hanno dichiarato durante svariate interviste, avrebbero piacere che gli ascoltatori imparassero a spostarsi di più.

Forse una pretesa un po’ troppo pretenziosa, ma tutto sommato adatta a personalità del genere.

Mettendo da parte le lamentele per la mancanza di concerti vicini alla propria zona, potrebbe rivelarsi un’ottima occasione per una gita fuori porto in una delle tante meravigliose città italiane.

Per quanto concerne bensì l’ascolto, si parta con un unico preconcetto: quello di avere tra le orecchie un’opera d’arte moderna, e non un comune disco “alternativo”. Questo non servirà a farvi piacere o meno gli Uochi Toki, e tanto meno servirà ad aiutarvi a scoprire se sia possibile creare una nuova forma d’arte. Ma chissà che le parole di Matteo e le atmosfere di Riccardo, non vi diano, come l’arte sa fare, un semplice momento di svago o inaspettata riflessione.


 

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Mauro Carabelli

Giornalista

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