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L’ obelisco con “Mussolini Dux”

 

obelisco

(di Mauro Carabelli) Non preoccupatevi, sono e rimango antifascista. Il titolo non vuole essere apologetico nei confronti di una dittatura che non andrebbe oscurata ma semmai spiegata alle nuove generazioni  per evitare che si ripetano i suoi errori e orrori. Probabilmente non la pensa così il Presidente della Camera Boldrini che in un eccesso, a mio parere,  oscurantista e francamente fuori luogo, ha suggerito di cancellare quel  “Mussolini Dux”  di troppo  scolpito nella pietra dell’obelisco che sorge nel Foro Italico dell’EUR di Roma, sollevando ovviamente critiche bibartisan.

Il “Mussolini Dux” scolpito nell’obelisco è rimasto intatto dalla Liberazione ad oggi  in virtù di una  saggia pax storico-artistica che ha messo d’accordo tutti: dagli storici dell’arte ai politici di ogni schieramento perché  inserito stilisticamente nell’architettura italiana del Novecento. E questo principio ha resistito anche nei momenti più conflittuali della nostra storia post bellica come quelli caratterizzati dalla Guerra Fredda.  Infatti,  a prescindere dai drammatici  esiti politici della dittatura fascista, la storia del Ventennio ha consegnato ai posteri una sua specifica architettura contemplata da qualsiasi volume di storia dell’arte.

Tra l’altro c’è un interessante aneddoto che riguarda questo obelisco. Appena Roma fu liberata dalle truppe tedesche, alcuni partigiani posizionarono delle cariche di tritolo alla base dell’enorme monumento recante, appunto, le scritte Mussolini – DVX. Poco prima di far brillare l’esplosivo arrivò però un perentorio alt. Infatti, Aldo Cazzullo, nel suo libro L’Italia de noantri, riporta questa testimonianza: “Mi ha raccontato Sandro Curzi, scomparso nel 2008, che quando arrivarono gli americani lui e altri compagni minarono l’obelisco per abbatterlo. Ma finirono severamente redarguiti da un comunista anziano, che li ammonì: quel monumento apparteneva al popolo”.

Dunque, anche questo obelisco, così come l’architettura che lo generò,  con i suoi equilibri e i suoi difetti può far discutere ma  è necessario accettarlo e conservarlo per quello che è, perché il nostro passato non lo si può cancellare radendo al suolo le sue vestigia strutturali e simboliche illudendosi così di sanare definitivamente ciò che è stato. Ci vuole ben altro.

Ciò che è stato ha determinato quello che poi avremmo voluto essere. Ciò che siamo va quotidianamente onorato e tutelato realizzando ciò che la nostra Costituzione, nata dalla Resistenza, indica. E la nostra Costituzione è tutto fuorché un’imperiosa e distruttiva accozzaglia di norme talebane. Se dovesse accadere ciò che la Boldrini vuole, per altro muovendosi al di fuori delle sue prerogative istituzionali, ne conseguirà che il nostro Paese non è poi così molto diverso dal califfato dei terroristi dell’ISIS che si illude di affermare e conservare la propria  “purezza” ideologica distruggendo siti archeologici, monumenti e luoghi di culto “infedeli” perché non religiosamente e politicamente corretti.  Di questo passo dovremmo forse radere al suolo altri obelischi che sorgono a Roma dedicati a faraoni come Tutmosis III e Tutmosis IV  che certamente non hanno brillato per una visione libertaria e democratica dell’esistenza umana? O forse dovremmo eliminare le pensioni in quanto la denominazione di istituto nazionale della previdenza sociale, che intitola ancora oggi l’INPS,  venne assunta nel 1933 dal fascismo? E’ questo che dobbiamo insegnare alle nuove generazioni?

Viviamo in un momento particolarmente delicato della nostra vita politica e sociale. Celebrare il  70° della Liberazione,  lasciandosi dietro ancora una volta solo e soltanto macerie non aiuta certo a far decollare il nostro paese verso quel clima di serenità e tolleranza per il quale sono morti i nostri  partigiani.

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Mauro Carabelli

Giornalista

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