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PER CHI SUONA LA RESISTENZA

 

gran mouffì

Foto: Il Gran Muftì con Himmler (da informazionecorretta.com)

(di Mauro Carabelli) Trascorsi i festeggiamenti del 70^ della Liberazione, avrei voluto trarre dei giudizi positivi su questa Italia liberata. Ma, malgrado tutta la mia adesione e comprensione verso coloro che si sono battuti, spesso a prezzo della vita, per dare al nostro Paese anche quella eticità politica, sociale ed economica sancita dalla Costituzione, devo concludere che mai siamo stati così lontani dal raggiungere questi obiettivi. Non sto qui ad elencare  il crescente  deficit, soprattutto morale, per l’inadeguatezza della nostra politica ma purtroppo mi corre l’obbligo di registrare il violento clima di intolleranza a vari livelli che si respira trasversalmente nel nostro Paese dalle piazze fino ai campi di calcio.  Sulla nichilistica e qualunquistica violenza nel mondo del calcio ho già avuto modo di parlare sempre dalle colonne di questo giornale. Ciò che più mi ferisce, invece,  è l’aver  constatato come l’occasione celebrativa della Resistenza sia stata strumentalizzata e violata nei suoi principi più sacri da atteggiamenti infami per un paese civile  quando, riecheggiando Piazzale Loreto,  sono stati mostrati i fantocci di Salvini, Enzi e Fassino a testa in giù. Come a dire, con tipico cipiglio da ISIS:  “guardate che la guerra civile non è ancora finita, ecco la fine che faranno i nostri avversari politici di qualsiasi colore siano”, o quando,  nel corso del corteo milanese,  un gruppo di facinorosi travestiti da alternativi di sinistra ha contestato, insultandola pesantemente, la Brigata Ebraica. Giova ricordare che la Jewis Infantry Brigade Group, inquadrata nell’esercito britannico durante la seconda guerra mondiale, venne affiancata al Gruppo di Combattimento Friuli, con il quale sfondò la Linea Gotica nella vallata del Senio. E’ probabile, dunque, che le contestazioni siano state rivolte contro la Brigata più per il suo ruolo determinante esercitato nel costruire l’esercito ebraico nella nascente Israele. E allora? Ammesso che sia questa la responsabilità tanto deprecata, alcuni si ostinano a non voler ammettere che lo  stato Israeliano, oltre a raccogliere e dare una patria ai sopravvissuti allo sterminio nazifascista, fu riconosciuto dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la Risoluzione 181 che approvava il piano di ripartizione della Palestina  in due stati indipendenti uno ebraico e l’altro arabo. Piaccia o non piaccia, quello che avvenne dopo, a prescindere dalla scabrosità bipartisan di un conflitto permanente tra arabi e israeliani che si trascina fino ai giorni nostri, è pressoché unanimemente imputato  all’aggressività esercitata del mondo islamico e dalla Lega Araba che, da subito, scatenarono una guerra permanente contro il neonato stato israeliano. Infatti,  i sanguinari slogan urlati contro la Brigata Ebraica hanno rivelato un retroterra  di spessore antiebraico, più che antisionista, di antica e inquietante memoria. Forse questi paladini della libertà ignorano per comodità  che un certo signore di nome Muhammad Amīn al-Husaynī , Gran Muftì di Gerusalemme, uno dei principali leader nazionalisti arabi, precursore del fondamentalismo islamico e capo spirituale dei mussulmani palestinesi, sostenne radicalmente, tempi addietro, la Germania nazista in funzione antiebraica (v. foto del Gran Muftì assieme a Himmler) reclutando migliaia di mussulmani nelle formazioni  delle Waffen-SS. Forse sarebbe il caso di ricordare agli amici  di Hamas di badare di più ai correligionari combattenti nelle file dell’ISIS, quegli stessi affiliati dell’integralismo islamico che, nel  campo profughi siriano di Yarmouk,  hanno già dato ampia prova di che cosa si intende per genocidio del popolo palestinese. Se questa è il contesto in cui è stata celebrata la libertà d’Italia voluta in nome della Resistenza, c’è da stare poco tranquilli.

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Mauro Carabelli

Giornalista

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