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Il malaffare

CORRUZIONE
(di Mauro Carabelli) Il malaffare politico, le ingerenze e le strumentalizzazioni di una parte della magistratura nascono e si rafforzano anche all’interno di una cultura spesso ideologicamente bipolare oltre che nella diffusa corruzione etica. Lungi da me sottovalutare derive autoritarie sempre possibili in una società liquida e poco propensa a ricordare. Ma, per esempio, restringere anche a livelli alti il dibattito sull’antifascismo o sull’anticomunismo come se fossimo ancora tra la prima e la seconda metà del secolo scorso, anziché risolvere per poi dissolvere le ombre del passato, riporterebbe stoltamente in vita un surrogato proprio  di quel passato che ci siamo lasciati alle spalle. A volte ho la sensazione che si preferisca mantenere attiva una infinita resa dei conti che il 25 aprile di 75 anni fa dovrebbe avere definitivamente chiusa, perché in questo retroterra, a mio parere opportunisticamente e strumentalmente semplicistico, maturano poi quei conflitti che accecano e vanificano un’analisi più appropriata circa i reali rapporti di forza nel mondo globalizzato tra capitale finanziario e classi asservite, tra popoli politicamente alienati e loro sovranità. Valore, questo della sovranità che dovrebbe appartenere a tutti, anche a sinistra, perché non è egoico nazionalismo ma tutela della propria storia e dei propri diritti acquisiti. Immaginiamo solo alla fine cui è destinato per esempio il nostro Statuto dei lavoratori in una globale, transnazionale pianificazione e devalorizzazione verso il basso di quegli stessi diritti.
Insisto ad usare  ancora il termine classi e mi spingo fino alla sottolineatura di sovranità dei popoli perché ritengo che, su basi strutturalmente diverse rispetto a un secolo fa, esista sempre lo sfruttamento e la sottrazione di plusvalore anche nella libertà decisionale non solo del singolo o della diffusa tecnoclasse di appartenenza ma anche del Paese in cui si sono conquistate e istituzionalizzate le sue tutele. E lungo un’inalterata dialettica di spoliazione e asservimento si innesta anche la perdita di eticità e la mortificante assenza di visione di un modello migliore di società a cui l’eticità stessa possa condurci. Nell’accettazione passiva del qui ed ora senza un “altrimenti” su cui fondare il miglioramento costante della nostra vita, il valore umano è misurato e piegato ancora una volta sul presente dove il possesso e il potere necessario per poterlo agire a prescindere, rimangono i valori più percepiti e quindi realmente dominanti. Dall’ultimo modello di telefonino alla ben incollata poltrona di parlamentare, dal carrierismo esasperato alla giustizia di comodo, dagli OGM alla speculazione sui vaccini si è cioè eclissata anche una prospettiva di crescita coscienziale.
È ovvio che innovazione tecnologica, dialettica politica, carriera, potere giudiziario, biotecnologia e farmacologia non siano negativi in sé, tutt’altro. Dipende dall’uso che se ne fa. E se in una società il disincanto e la fuga nella ripetizione consumistica prendono il sopravvento sul senso etico del fare in ogni istante della nostra vita, il viscerale potere per il potere rimane l’unica certezza declinabile su tutto. Nel deserto valoriale le tentazioni si sprecano e diventano la ragion d’essere anche per uomini e donne che della liberazione dei popoli hanno fatto la propria storica bandiera. Se non si fa un incisiva riflessione su tutto questo, ritengo sia molto difficile se non impossibile riformare profondamente l’esercizio della politica e, nella fattispecie, del potere giudiziario e, in senso lato, di tutta la nostra esistenza. E non ripongo molto ottimismo nemmeno nelle nuove generazioni perché fin troppo diseducate nella loro crescita dall’identico discorso di un “altro” diseducante che appartiene al pesante giogo amorale del nostro tempo.
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Mauro Carabelli

Giornalista

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