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Ucraina: non si ferma la guerra armandola

provocazione

(Mauro Carabelli) Difficile prevedere più che la fine della guerra almeno un cessate il fuoco quanto basta per intavolare delle trattative pulite, cioè non sottoposte allo stillicidio dell’avanzata russa e di contro a un moltiplicarsi delle sanzioni e dell’invio di armi all’Ucraina per tentare di sbilanciare l’avversario. Si sa, in genere, appartiene alle trattative il passo di stringere o di non farsi stringere alle corde. Ma è una cornice il cui quadro è il realismo e la percorribilità delle proposte. Ciò che manca in quelle relative alla crisi ucraina è una vasta e rigorosa visione strategica nella quale ricollocare razionalmente e con un briciolo di buon senso le rivendicazioni di ciascuno. Da quello che emerge, stiamo assistendo a tatticismi esasperati che non spostano di un millimetro le forze in campo lasciando così incancrenire la situazione spingendola a esiti sempre più preoccupanti. I motivi della debacle della diplomazia nascono soprattutto dall’evento sorpresa con cui lo czar Putin ha sparigliato le carte  rompendo  improvvisamente gli argini e invadendo l’Ucraina. Malgrado rapporti sempre più circostanziati da parte dell’intelligence statunitense, nessun paese europeo era preparato ad arginare in tempi brevi un blitzkrieg di tale portata. Le esercitazioni russe con enorme dispiegamento di mezzi lungo i confini dell’Ucraina si pensava potessero rientrare in una sorta di bluff militare, una esibizione muscolare per intrappolare l’Occidente nelle ragioni dell’altro. Rivendicazioni alle quali Stati Uniti ed in particolare l’Europa hanno risposto reattivamente e poco saggiamente quando invece avrebbero dovuto, da subito, sedersi attorno a un tavolo per trovare una soluzione condivisa sulla spinosa questione della Crimea, delle aree separatiste del Donbass e relative pesanti persecuzioni nei confronti della popolazione russofona, del possibile assorbimento dell’Ucraina nella Unione Europea con inevitabile passaggio e copertura militare da parte della Nato, vera e propria spina nel fianco per la Russia di Putin.  Insomma, le questioni da mettere sul tavolo hanno costruito nel tempo una bomba ad orologeria da disinnescare con perizia anziché giocherellare con i suoi fili elettrici senza conoscerne il paradigma tecnico. Ora, senza giustificare assolutamente l’azzardo violento di Putin, che probabilmente non poteva immaginarsi la fiera resistenza sul campo della popolazione ucraina, ciò che emerge e continua a mostrarsi è soprattutto la debolezza di un’Europa acefala, priva di strategia politica, esercito, amministratori eletti dal popolo, altalenante tra il sostegno politico e militare degli americani da una parte e le risorse energetiche nonché i vasti rapporti commerciali con la sua parte orientale dall’altra. Non dimentichiamo infatti che la Russia ha sempre alle spalle la potenza militare ed economica della Cina. Una mano gigantesca, più volte stretta in modo empatico, in grado di ridare all’economia dell’Orso ciò che l’Europa tenta di togliere con l’effetto di indebolirsi nel tempo più di chi vorrebbe punire. Putin avanza, le città bruciano e la gente muore. Probabilmente la sorte dell’Ucraina è segnata. Armarla ne aumenterebbe l’agonia. E’ necessario dunque fermare la guerra non foraggiarla perchè, oltretutto, potrebbe anche sfuggire di mano l’opzione nucleare.  E con i mini ordigni tattici in circolazione, l’opzione non è mai così remota.  Ma questa Europa invia armi, applica altre sanzioni, trova giustificazioni nascondendosi dietro un pensiero unico, propagandistico e demonizzante. Non è così che si può sciogliere una valanga che acquista sempre più velocità. Forse bisognerebbe essere meno impulsivi  e più realisti. Una concreta e duratura pace poggia su queste basi.

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Mauro Carabelli

Giornalista

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