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Cineforum: IL DECADENTISMO VISCONTIANO

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(mc) La bellezza, l’utopia, la sfarzosa decadenza hanno anche caratterizzato grandi e sofferte individualità dentro i movimenti collettivi della storia europea. Eccelso e scrupoloso interprete, ricercatore, studioso, sceneggiatore e regista di queste personalità dominanti di un passato cangiante è stato Luchino Visconti, uno dei più importanti artisti e uomini di cultura del XX secolo. Tra i padri del neorealismo italiano si è poi cimentato con grande successo nella direzione di numerosi film a carattere storico in cui ha voluto più volte far emergere il declino non solo materiale ma l’evanescenza etica e morale della nobiltà e della borghesia. Tra i film più significativi ed emblematici vi è  “Ludwig” del 1973 basato  sulla vita di Ludovico II di Baviera interpretato da Helmut Berger e un cast di rilievo con Romy Schneider, Trevor Howard e Silvana Mangano. E’ il trionfo del decadentismo viscontiano, amaro canto del cigno dell’aristocrazia europea, rinchiusa e mentalmente deresponsabilizzata nei suoi castelli di specchi, incapace di affrontare e dominare il mondo che evolve. La decadenza è personificata dal diciannovenne Ludwig von Wittelsbach salito al trono di Baviera, restio ad affrontare le questioni di stato, perso in una visione fortemente estetizzante dell’esistenza, sino alla dissoluzione fisica e mentale. Visconti, come in altre  rappresentazioni di questo genere, accompagnerà il declino utilizzando musiche sublimi tratte da opere sinfoniche di Mahler, Bruckner, Wagner il cui il preludio del Lohengrin trasporterà lontano  dal mondo il “cigno” Ludwig.

In “Senso” , film storico del 1954, con interpreti principali Alida Valli e Farley Granger, opera monumentale ambientata durante il Risorgimento, l’elemento retorico e celebrativo  sfuma in quelle che saranno le caratteristiche di molti suoi protagonisti: la caduta  morale, l’amara mancanza di visione, il prevalere della finitudine individuale sulla storia collettiva dei popoli.  Lo avevamo già colto nel “Gattopardo”  rappresentato da un apparato visivo sontuoso e raffinato  dove la lucida analisi della decadenza delle classi aristocratiche è esternata dallo sguardo disincantato del protagonista il principe Don Fabrizio Salina (Burt Lancaster). In “Senso” anche l’accompagnamento musicale descrive  la contraddizione che s’innerva nelle vicende dei vari personaggi. L’apertura del film ci immerge subito nell’eroicità del momento collettivo con il Trovatore di Giuseppe Verdi e la popolare cabaletta “Di quelle pira” mentre una panoramica obliqua scorre dal palcoscenico al totale del Teatro la Fenice di Venezia  illuminato dalle candele con il pubblico che inneggia alla lotta contro gli austriaci. Subito dopo, la ripresa andrà a stringersi sul palchetto dove si dischiude l’intimità,  estranea agli eventi, dei due tragici protagonisti.  Da quel momento saranno dominanti altre sottolineature musicali  dal forte impatto emotivo come la Sinfonia N.7 in mi maggiore del compositore tardo romantico Anton Bruckner.

Anche in  “Morte a Venezia” (1971), secondo capitolo della “trilogia tedesca”, di cui fanno parte la “Caduta degli Dei” (1969) e “Ludwig” (1973) tratta da “Der Tod in Venedig” di Thomas Mann,  si riscontrano le identiche tematiche relative alla decadenza della società aristocratico borghese, il conflitto tra arte e realtà materiale, la metafora della “malattia” per indagare la crisi dell’uomo contemporaneo. L’”Adagetto” della Quinta sinfonia di Gustav Mahler vi figura come tema guida soprattutto nell’accompagnare il protagonista del film, il musicista Gustav von Aschenbach (Dirk Bogarde) nell’agonia finale sulla spiaggia di una Venezia contaminata dal colera, inseguendo con lo sguardo l’angelico adolescente Tadzio (Bjorn Andrèsen) di cui è innamorato. La sequenza con un controluce marino in cui si staglia la figura del giovane e dall’altra Aschenbach che lentamente si spegne in una spiaggia desolata è molto eloquente nella sua tragica ed epica bellezza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Mauro Carabelli

Giornalista

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